Viaggio, non per guardare, ma per scoprire.

Scoprire che riesco ancora a stupirmi in positivo. che posso trovarmi a sorridere da sola dall’altra parte del mondo guardando un’alba che non conoscevo.

Scoprire che c’è molto di più di quanto potessi immaginare, sempre.

E poi viaggio per la paura.

Perché questo mondo a volte sa essere terribilmente crudele e tu devi imparare a starci.

Ma se lo fai da sola, a 6000 km da casa, quella paura la devi superare per forza.

E ogni volta che torno avrò una puntina in più sul planisfero e forse qualche paura in meno.

Non amo particolarmente le frenetiche città metropolitane, preferisco osservare e raccontare le piccole città nella  loro lenta e colorata quotidianità.

Berlino viaggio weekend europa

Berlino in 3 giorni. Io, Berlino e l’Ansia

Io, Berlino e l’Ansia

Aeroporto Treviso 22/03/2019

Si bello arrivare in aeroporto in anticipo, bellissimo!

Bello il guardarsi in giro, osservare le persone, tutto quel  via vai, quelle storie che s’incrociano per poi magari non rincontrarsi mai più… si bello veramente, ma cazzo, quando soffri di ansia, quell’arrivare prima per godersi il momento, diventa un a «Ma che cazzo, mancano ancora tre ore prima che aprano il gate?!’»

«Eh lo so, hai ragione scusa, ho calcolato male il tempo per gli imprevisti

Una cosa che invece ho imparato viaggiando, anche se tardi, è: non mettermi ad annusare tutti i profumi del Duty Free! Per non partire con una nausea incredibile..

E quindi niente.. non ti resta che star lì ed aspettare, stai lì ed osservi. Osservi e pensi. Pensi e ti fai salire l’ansia e l’ansia fa salire altra ans…«Oh aprono il gate Dio grazie!’»

Ah no scusate, sono due le cose che ho imparato dagli aeroporti. La prima è appunto non mettermi a sniffare tutti i profumi al duty free e la seconda è che non importa quante lingue parli, quello che diranno agli altoparlanti non lo capirai. MAI.

«Ma WOW, perché stiamo passando davanti a tutti?’»

«Perché abbiamo il biglietto Priority»

«Wow, e da quando siamo diventati ricchi

«Non lo siamo appunto. Il priority è per i poveri come noi che viaggiano leggeri con solo il bagaglio a mano»

Ah. Comunque viaggiamo con Ryanair, quindi anche quelli non sono i ‘ricchi’ sono semplicemente più furbi di noi, nel bagaglio in stiva hanno i vestiti e in quello a mano hanno le ginocchia visto che nei sedili non ci stanno’

Un’ora e mezza di «Ahahah ma sono pazzi, chi compra da mangiare delle finte lasagne per € 15?» e atterriamo a Berlino.

Finalmente. O forse no.

Cavolo ho delle aspettative altissime per questa città. Tutti a dirmi che conoscendomi è proprio la città per me.  Mi aspetto graffitti ovunque, birra a fiumi, mentalità aperte e profumo di storia nell’aria. E sappiamo tutti come finisce quando ci sia aspetta troppo… berlino mai una gioia treno

Berlino giorno 1

Mezz’ora di treno e si arriva in centro. Prima impressione ‘Ah cacchio, ecco dove tengono il Grigio!!’.

Si, molto molto grigio. Ma oh, è solo la prima impressione e poi dai appena arrivati in una città nuova il cuore è talmente impaziente che tutto prende comunque una piega propositiva.. ‘Grigio? Io adoro il grigio, potrei addirittura cambiare il nome della pagina; Mainagioia is the new Grigio

Giù le valigie e fuori subito immediatamente.

Purtroppo viaggiando il pomeriggio, la luce ha resistito giusto il tempo di darci il benvenuto per poi lasciarci con un ‘See u tomorrow’ o anzi ‘ Bis Morgen’.

Noto subito con piacere che anche i tedeschi come gli svedesi non badano a spese per le consonanti nelle parole.. ma vocali gran poche. Qui più che il ‘Come cavolo si dice?’ vige il ‘Come cavolo si legge’?

Oh ma tu guarda, sono le 18.30. ‘Birretta?’

Ovvio che si, l’aperitivo è aperitivo ovunque. Soprattutto Venerdì sera.  Abbiamo trovato un bar/pub tipico, sì mò aspettate che guardo come si scrive: Zwiebelfisch Gaststatten (….!!!). Entriamo e tutti i tavoli sono occupati, la tipa al bancone ci guarda e ci indica un punto. Entrambi cerchiamo di capire dove stia indicando, ma davvero non capiamo, «Non ci sono tavoli liberi, cosa ci sta indicando questa?’ ‘Ci sarà un’altra sala».

Mi sono sentita come il famoso stolto che guardava il dito anzichè la luna.

Comunque no, nessuna sala. Ci stava indicando di sederci in un tavolo da quattro, ma dove erano già seduti due coniugi. Ovviamente da tipici italiani eravamo  un po’ perplessi dalla cosa, ma poi.. si dai ci stava!

Ci stava al tal punto che ad una certa abbiamo intrapreso una conversazione con la coppia in questione, su quanto noi italiani gesticolassimo parlando e che tornando alla questione di prima invece, per loro sia una cosa più che normale condividere il tavolo, con sconosciuti mentre per noi italiani è subito disagio.

Ecco, Italia 0 Germania 1.

Nel frattempo però FAME. Fame. Ma soprattutto voglia di qualcosa di tipico.

E così è stato.cosa mangiare a berlino

Altra cosa imparata dai viaggi,(Madò ma quante cose ti insegnano i viaggi?! Insegnassero anche come fare i big money però sarei più felice) è più tempo passi a cercare il posto ‘giusto’per mangiare, per strada o su Google, più si abbassano le possibilità di trovarlo. Quindi, detto fatto. Gastatte Zur Kneipe.

Miglior scelta non si poteva fare. Wurstel, crauti e patate al cartoccio.  S P A Z I A L E!

E prezzo misero. Meno di € 20 a testa.

AH, ‘Tips are not included!’

Eh.. e quindi?  Eh quindi sganciate la mancia! Pena, sguardi di disapprovazione e disgusto stile Cercei Lannister.

IO, BERLINO E L’ANSIA

BERLINO DAY 2

Sole. Ottimo. Sicuramente con il sole i colori oggi saranno molto più belli.

E sì. Tante sfumature nuove di grigio che appena arrivata non avevo colto.

«Allora oggi che si fa

«Eh, non so non avevi fatto un programma?»

«Veramente no, mi pareva avessimo deciso di non programmare, ma di improvvisare.»

«Allora improvvisiamo

Berlino un po’ come New York, ha dei parchi enormi e bellissimi nei quali si possono fare lunghe camminate e jogg..e altre lunghe camminate. Quindi abbiamo attraversato uno di quei parchi, Tiergarten, per l’esattezza. Parco che tra le altre cose ospita il famoso ‘Zoo di Berlino’. Non amo particolarmente(..) gli zoo, quindi è stato totalmente ignorato, semplicemente costeggiato durante la passeggiata nel parco.

Passeggiata che dopo due ore iniziava ad essere un po’ troooppo lunga. Quindi autobus, almeno per arrivare in prossimità di qualche ‘attrazione’ da visitare. Ovviamente abbiamo fatto la card per accesso illimitato ai mezzi (metro, bus, tram, shuttle, canoe, nuvole speedy..) per tutti e 3 i giorni. Scelta azzeccatissima considerando che praticamente i tedeschi hanno un’unità di misura della lunghezza tutta loro; una loro via praticamente corrisponde ad una nostra regione..

Porta di Brandeburgo. Quasi quanto la Statua della Libertà. Bella ma.. ‘Beh tutto qua?’

berlino olocausto memorialeSi diciamo che forse me l’aspettavo più grande. O forse no, non so nemmeno io cosa mi aspettavo però effettivamente non mi ha entusiasmato granchè. Vero anche che pochi metri più in là c’è il memoriale alle vittime degli Ebrei. E quello che tu lo voglia o no, ti lascia qualcosa.

Ti crea una buona dose di inquietudine, consapevolezza e impotenza.

E’ gratis e quindi tutti posso accedervi. Nonostante non tutti ‘debbano accedervi’.

 

IO, BERLINO E L’ANSIA

Dopodichè l’unica cosa che puoi fare è continuare a camminare per Berlino, aspettare che tutta quella scia lasciata da quel monumento, piano piano svanisca lasciandoti un buco allo stomaco.

Però la scia non svanisce. In compenso però il buco allo stomaco ti viene comunque, soprattutto se cammini per 5 ore.

Ci avevano consigliato di provare ad andare a mangiare il miglior Kebab della città da Mustafa’s, quindi ci siamo diretti lì.

Si, il kebab è tipico tedesco se ve lo state chiedendo. Non guardavate mica ‘Kebab for breakfastscusate?

Markthalle Neun berlino weekend

Beh siamo arrivati da MustafAHAHAHAHAH.. «Scusa quella è la coda? Ma stiamo scherzando! Manco sulla Salerno-Reggio Calabria è così…’»

Forse per quello si chiamava così il telefilm, perché ti metti in coda la sera e il kebab te lo magni la mattina praticamente.

Vabbè piano B.mercato coperto berlino

Mercato coperto, più nello specifico il mercato di Marejnazrtomejw oh scusate mi è passato il gatto sulla tastiera, volevo dire il Markethall Neun.

 

Ecco beh non so voi, ma una delle prime cose che cerco quando voglio visitare una città è proprio il mercato. Li trovi la vera città. Le persone, i gusti, i profumi e i rumori. E tutto sotto lo stesso tetto….

 

Basta per oggi. Il bello comincia domani. Birrette, Vinili e LSD.

Tour del Marocco da Fes a Chefchaouen

Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes,

Volubilis e Bhalil 

Chefchouen, 01 Ottobre 2018
Avete presente quando siete in vacanza, dormite senza l’ansia di dovervi svegliare presto e anzi vi svegliate addirittura senza la sveglia, perché talmente impazienti di vedere posti nuovi, volti nuovi, di provare gusti nuovi.. ecco per me in Marocco è stato così. Ma con più bestemmie. La sveglia, soprattutto a Chefchouen, non mi è proprio servita, anzi l’unico uso che ne avrei fatto volentieri, sarebbe potuto essere lanciarla addosso all’altoparlante che alle 5.23 di mattina si è messo a trasmettere il richiamo alla preghiera, proprio fuori dalla nostra finestra.

chefchouen  viaggio marocco

Lo so, lo so, sono blasfema, Allah perdonami, ma oh non è che puoi sveglià uno alle 5.20 del mattino per pregà. Uno c’avrà pure da lavorà durante il giorno, da fa’ cose, non è che puo’ vivere di solo caffè. Con rispetto parlando eh.
Diciamo che comunque per farsi perdonare dalle sveglie poco piacevoli, compensano sempre con le colazioni. Tutte rigorosamente fatte sulle terrazze, sempre con baghrir( simile al pancake ma più umido e spugnoso, che detto così non invoglia granchè, invece vi assicuro che potreste mangiarne a tonnellate, soprattutto perché dovrete provarli prima con il burro e la marmellata, poi con il burro e basta, poi con l’altra marmellata, poi oddio basta sto male.. vomiterò durante il viaggio!), poi il loro buonissimissimo the alla menta, il loro pane, da mangiare con il burro(nel caso ancora non steste male dopo i baghrir) , poi caffè, yogurt, olive (Olive?! Si olive!! Ci sono, non vorrete lasciarle là no?).
Si insomma, dopo aver fatto scorta di cibo, manco fossimo nel primo dopoguerra, abbiamo raggiunto la macchina. Direzione Meknes, ma con alcune tappe intermezze.

Meknes marocco tour
La prima Moulay Idriss, definita anche Città Santa o la Mecca dei poveri soprannominata da me. Madò andrò all’inferno dopo sto articolo, me lo sento.
Avevamo la guida, un ragazzone locale, vestito con il tradizionale Kamis ( il camicione lungo classico), e sì l’ho ascoltato volentieri. Ti trasmetteva marocchinità e mi piaceva come ci mostrava la vera quotidianità. Come quando ci ha portati a vedere un Hammam, una sauna, di quelle vere. Non era in programma nella visita, semplicemente ci siamo passati davanti e ci siamo incuriositi, allora abbiamo chiesto alle signore sedute sugli scalini che portavano sottoterra, se potevamo andare a vedere e siamo scesi. O come quando siamo passati davanti al ‘forno’, il panificio, (ogni quartiere ha il suo) e il fornaio aveva appena sfornato il pane, lo stava caricando sul carretto, per poi andare in giro per la città a venderlo. Il ‘ragazzone’ ne ha preso uno, ne ha spezzato un pezzo per lui, dopodiché ha iniziato a passarcelo, spiegandoci che avremmo dovuto spezzarlo con le mani, mai con il coltello.. e condividerlo. Avevamo appena finito di pranzare, quindi mangiare un pezzo di pane non è che fosse proprio il digestivo ideale, ma era offerto e soprattutto era ancora caldo di forno. Buonissimo.

pane marocco viaggio

Ma comunque stavo dicendo, l’ho ascoltato, perché era davvero interessante.. generalmente ho una soglia bassissima di attenzione verso le notizie di cultura generale (CAPRA! CAPRA! CAPRA!), invece ho ascoltato volentieri.
E mo’ spiego anche a voi, come quando ripetevo a voce alta prima di un’interrogazione, con gioia di mia madre. E’ chiamata Città Santa, perché si trova qui la tomba di Moulay Idriss per l’appunto (ritenuto discendente diretto di Maometto), dunque meta di molti pellegrinaggi. Ecco beh se non lo sapeste ogni mussulmano, che voglia definirsi veramente tale, ha l’obbligo almeno una volta nella vita di fare un pellegrinaggio alla Mecca. Il problema è che un pellegrinaggio alla Mecca, dal Marocco, costa circa 7000€. Considerando che lo stipendio medio di una persona in Marocco è di circa 2000 dirham al mese (circa € 200), capite bene che non è proprio fattibile per tutti.
E quindi c’è questa sorta di escamotage, che permette di fare questo pellegrinaggio a Moulay Idriss, comunque città Santa, e risparmiarsi 7000€ .
Vi ho già persi vero!? Vi siete fermati a ‘interrogazione’? Ho finito con la cultura tranquilli.
Della città in sé non c’è qualcosa in particolare da visitare, io semplicemente ho apprezzato il giro a zonzo per la città, una città vera, non propriamente turistica e anche la vista dall’alto. Meritavano davvero.
Finito qui, via di nuovo in macchina, ma solo venti minuti.

Fino a Volubilis, sito archeologico del primo insediamento romano in Marocco.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Volubilis marocco viaggio

Vi ho persi di nuovo vero? Lo sapevo che la parola ‘sito archeologico’ avrebbe impaurito tutti. Aveva impaurito anche me quando ho saputo che era in programma.
Invece, bello bello si, ma la cosa eccezionale di quel posto è stata la guida. UN MITO. volubilis marocco
Anziano, con lo sguardo saggio e che trasudava cultura sotto quel Kamis azzurro (divisa d’ordinanza per le guide del sito), ma soprattutto con una classe incredibile. Ci ha accompagnato per tutto il sito archelogico, spiegandoci il perché di una colonna piuttosto che di un’altra, o di un mosaico anziché un altro. Fino a che non siamo arrivati nel punto, sul quale ‘sorgevano’ i resti di quelle che una volta erano le terme, si distende, si mette comodo imitando quello che avrebbero fatto anche i romani al tempo ed esordisce con ‘ Ecco una volta si sedevano qui, si rilassavano nell’acqua termale, sorseggiavano vino… mancherebbe solo una cosa per rendere il momento perfetto, una gazzellina!’, COSA CAZZO HO APPENA SENTITO?! Una gazzellina? Lo ha detto davvero?! Ma come una gazzellina? Intende quello che penso io??volubilis marocco viaggio
Si, intendeva proprio quello. E lo ha detto, senza perdere nemmeno per un secondo tutta la sua classe.
Stessa cosa, quando siamo arrivati sulle rovine di quello che era il bordello della città, e dove ha convinto un turista (ovviamente italiano) a toccare il calco fallico che si trovava proprio tra le rovine (non chiedetemi perché si trovasse li, ma d’altronde era un bordello). Beh il malcapitato, convinto che avrebbe portato fortuna, lo ha toccato davvero. Quella vecchia volpe della guida, non ha battuto ciglio, ma dentro di lui so’ che stata ridendo, tantissimo. E io con lui.
Salutato il vecchietto, siamo risaliti in auto, direzione Meknes, dove avremmo dormito. Sulla città non mi soffermerò molto perché, esclusa la grande piazza centrale e il mercato tipico, non c’era molto da vedere. Il mercato comunque meritevole, soprattutto per il fatto che gli unici turisti presenti eravamo noi, quindi decisamente caratteristico.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Mi soffermerò però sul Riad eccezionale dove abbiamo alloggiato. Riad a gestione familiare, gestito per l’appunto da una coppia di autoctoni e dalla loro famiglia. Sinceramente, descrivere la bellezza del posto, credo sia pressoché impossibile… meknes marocco riadL’ingresso enorme, i divani in stile arabo, il solaio altissimo, le piante rampicanti sui muri, addirittura gli uccellini che si appoggiavano ai corrimano delle scale, ma soprattutto la cordialità e l’accoglienza dei due titolari, che appena siamo arrivati ci hanno fatti accomodare e ci hanno subito portato del thè alla menta appena fatto. Per poi accompagnarci a vedere le nostre stanze, anche queste curate in ogni minimo particolare. Eccezionale.  (Riad Bahia, Meknes)
Per la cena ci sono state proposte due opzioni; la prima, uscire e mangiare qualcosa alle bancarelle del mercato, la seconda mangiare in Riad. Ora, io generalmente in una scelta del genere avrei sicuramente scelto il mangiare qualcosa di locale in una bancarella a zonzo per il mercato, ma non quel giorno.
Appena messo piede in Riad, la prima cosa notata è stata la cucina a vista, una classica cucina, in mattoni e sicuramente vissuta, dove intente a ‘trabaccare’ c’erano due signore anziane, presumibilmente le nonne di famiglia.

meknes riad marocco cucina

ph. Carlo Zanetto

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Quindi alla domanda di Lisa, se volessimo mangiare fuori o se invece preferissimo mangiare qualcosa di cucinato proprio dalle signore di casa, la risposta è stata nettissima, senza nessuna esitazione. E mai scelta fu più azzeccata. D’altronde se un turista vi chiedesse un consiglio su dove mangiare qualcosa di tipico e voi aveste la possibilità di fargli assaggiare la cucina di nonna.. che fareste? Ecco appunto.
Cena deliziosa. E un’ospitalità ancor di più.

Purtroppo però dopo cena, la giornata intensa iniziava a farsi sentire, quindi dopo un paio d’ore di chiacchiere, tutti a nanna.

Meknes, 02 Ottobre 2018

meknes Fes colazione marocchina Marocco
Ovviamente, se la colazione in tutti i Riad è stata qualcosa di meraviglioso, in questo lo è stata ancora di più. Quasi quasi mi sarei fatta un’altra giornata lì, solo per rimanere incantata a girarmi intorno per il Riad sorseggiando Thè alla menta. Ma no, la giornata prevedeva altrettante tappe, che ero ben curiosa di visitare. Quindi daje, tutti in macchina!

Prima tappa: Ifrane. Unica peculiarità; il fatto che non sembra per nulla di essere in Marocco, è chiamata la Svizzera del Marocco. Comprensibile; pulizia impeccabile, aiuole tagliate a regola d’arte, chalet in tipico stile alpino (…?…) e soprattutto case con il tetto spiovente, cosa che non si vede spesso in Marocco. Per non parlare poi del fatto che ad un certo punto della passeggiata per la città, abbiamo trovato un mucchietto di neve/ghiaccio…superstite da una nevicata recente, giuro, era neve!! Quindi si, a pochi passi dal vero Marocco, c’era la vera Svizzera.
Seconda tappa: Azrou, o meglio abbiamo semplicemente fatto visita ad una colonia di scimmie. Libere, ma totalmente abituate ai turisti e ovviamente consce del fatto che ogni giorno qualcuno porti loro un po’ di cibo. Sicuramente bello vederle da vicino, ma tappa non indispensabile a mio parere. Anche se alcune erano così cariiiine!Terza tappa: Bhalil, ecco questa città racchiude tutto ciò che io davvero mi aspettavo di vedere in Marocco. E’ la città dei bottoni e lo potrete facilmente intuire dal fatto che fuori da ogni casa, o sedute in qualche angolo, le signore del paese, sono intente a confezionare bottoni (a velocità supersonica tra l’altro) , da cucire poi su Caftani e Djallaba.djallaba marocco bahlil
Bellissima l’atmosfera che si respira, dovuta soprattutto al fatto che non ci sono turisti, forse forse uno a settimana e probabilmente solo perché si è perso. Splendide anche tutte le case, incastonate nella roccia, essendo un paesino di montagna. I bambini che giocano. Le signore anziane, dall’aria saggia che si fermano a chiacchierare con te e tu vorresti capire cosa ti stanno dicendo ma non capisci una mazza.. annuisci e basta.

Tour del Marocco: fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

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E poi il Thè alla menta. Si lo so ancora, ma vi assicuro che se vi portano nel salotto di una casa locale, seduti intorno al tavolo e un passo alla volta vi mostrano tutta la tradizione che c’è dietro ogni tazza di quel thè, vi assicuro che non vi andrà in disgrazia facilmente…

Ultima tappa, forse la più importante e anche la più turistica. Quella che il primo giorno non mi aveva convinto particolarmente anzi, ma che ora aveva forse qualche possibilità di recuperare. FES.

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Siamo arrivati, giusti in tempo per farci una doccia veloce e uscire poi a cena, eravamo tutti stanchi, ma era una serata troppo bella per sprecarla a dormire presto, quindi dopo la cena abbiamo approfittato della bellissima terrazza del Riad, dalla quale si poteva avere un panorama mozzafiato di tutta la città in modalità notturna… e per due ore buone, siamo rimasti lì, a raccontarci storie di vita e di viaggi. E a goderci tutti i rumori della sera a Fès.

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https://www.instagram.com/carlo.zanetto/

Fès, 3 Ottobre 2018
Avevamo il volo di ritorno nel tardo pomeriggio, quindi avevamo un’intera mattinata da dedicare alla visita guidata per Fes (‘’Come visita giudata?? Nooo che palle?’’ E invece no, anche io pensavo… invece è stato decisamente meglio così, primo perché girare da soli per la Medina di Fes equivale al perdersi dentro un labirinto, e secondo perché visitarla con una guida locale, al quale rompere i coglioni con domande a volte anche indiscrete (tipo sull’omosessualità, o sul tradimento o su altre cose non proprio ben viste o delle quali parlano volentieri), è decisamente soddisfacente, ti da la sensazione di averla vista e vissuta al meglio che potevi).

Tour del Marocco: Fes, Chefchouen, Moulay Idriss, Meknes, Volubilis e Bhalil

Ebbene si, confermo quello detto all’inizio; Fès è una città che cambia dal giorno alla notte, trasuda cultura, e la medina con le sue bancarelle di qualsiasi tipo è qualcosa di eccezionale da vedere. E’ caotica, rumorosa, piena di odori e profumi. E poi i colori… colori ovunque. Nessuno di noi è abituato a così tanti colori tutti assieme.
Le botteghe di artigiani, i sarti, i forni, le persone intente a fare la spesa quotidiana… questo è il Marocco.
Una delle mete più ambite per i turisti che visitano Fès, restano sempre le concerie. Uno spettacolo a dir poco inconsueto e anche un po’ nauseate (odore terribile, ma mi aspettavo molto di peggio, invece è stato sopportabile, all’entrata comunque vi muniscono di un rametto di menta da sniffare mentre osservate dall’alto).Fes pelle lavorazione
‘E’ uno sporco lavoro, ma…’ Ecco si questo è davvero uno sporco lavoro. Esiste da più di mille anni; lavoratori a gambe nude, immersi in queste cisterne piene di colori diversi, intenti a pulire, a tingere e ad asciugare le pelli. E’ davvero uno spettacolo.

fes lavorazione pelle

Solo così si può godere davvero di una città come Fès, venendo risucchiati letteralmente dal caos di strade e stradine della medina, ascoltandone i suoni e annusandone i profumi.

Spero di aver reso abbastanza l’idea, ma se così non fosse vi lascio con questo video, prodotto da Matilde , anche lei in viaggio con noi. Dove non sono arrivata io con le parole, magari vi arriverà lei con le immagini più belle. E se invece nessuna di noi due vi ha convinto, vi consiglio vivamente di visitare la pagina In Marocco con Lisa, di scegliere il tour che più vi ispira e di constatare voi stessi, quanto può essere incredibilmente affascinante il Marocco.

Se vi siete persi la prima parte del tour la potete ritrovare QUI

volubilis marocco

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Appena concluso un tour del Marocco di 4 giorni, da Fes a Chefaouen, passando da Volubilis, Meknes e Bahlil

Il diario è pieno zeppo di sensazioni e immagini, come anche i miei occhi. Ma prima di trascriverle, vorrei fare un paio di premesse.
La prima in assoluto, quella più importante, è che io non sono una guida turistica.

Non faccio elenchi di città, musei, monumenti, ristoranti. Nemmeno la storia della città. Ancora meno spiego i perché di una cosa piuttosto che di un’altra. E non sono una Travel Blogger. O meglio si, ma non una di quelle che vanno tanto adesso. Non sono figa, ne’ tantomeno fotogenica, quindi nessuna foto su sfondo bellissimo con il braccio teso all’indietro verso il fotografo, nessun outfit pazzesco da sfoggiare per le viuzze delle città visitate e no non bevo FitTea, sono ferma ai 58 kg da quando ho compiuto 26 anni, nulla mi può schiodare da li.

Io viaggio e racconto il mondo che vedo, come se lo raccontassi a me di nuovo tra qualche anno. Perchè scrivere nel diario è così per me, da sempre. Scrivo e posso rileggere e rivivere quando voglio.  

La seconda premessa, anche se non meno importante, è che questo viaggio mi è servito sotto molti punti di vista. Come qualcuna saprà e qualcuna no, è stato un anno impegnativo.. ho conosciuto gli attacchi di panico e come faccio sempre, ci ho scritto su. Scoprendo che non solo non ero la sola, ma che anzi, la maggioranza li aveva già conosciuti prima di me.

Beh per uno che ama viaggiare, o ‘vivere’ in generale, il panico è una tortura. Una cosa che prima avresti fatto ad occhi chiusi, ora diventa una sorta di Everest da scalare in infradito.. nella tua testa. E basta. Perché nella realtà è ancora una cosa che potresti fare ad occhi chiusi. Ma non lo sai. Perché la paura è una merda che ti offusca tutto.

‘Viaggiare? No non posso farlo, non ce la faccio. E se sto male in aereo? O in macchina? E se gli altri non comprendono cos’ho? NO, non posso farlo.’
Invece come direbbe Frankestein Junior: SI PUO’ FARE!

Ci tenevo a dirlo, soprattutto a tutte quelle ragazze che mi hanno scritto dopo aver letto quello che avevo scritto sulla paura, di quanto si sentissero sole e invalidate a fare le cose che più amavano fare. E’ vero sembra impossibile farsela passare e ritornare ‘Normali’. Ma sappiate che abbiamo solo paura di ‘ipotesi’, di un ‘E se..’. La realtà è molto diversa…

Beh faccio prima a iniziare a raccontarvela.  

E DUNQUE BUON VIAGGIO!

marocco aereoporto fes

Fes, 29/09/2018

Arriviamo all’aeroporto di Fes al tramonto, e che tramonto. Ma anche fosse stato un cielo nero o ‘normale’, il mio cuore sarebbe stato comunque strabordante di quell’aria frizzante che ti riempie i polmoni appena metti naso fuori dal un aereo .

In aeroporto tra un controllo e l’altro abbiamo iniziato a fare amicizia con gli altri membri del gruppo, con i quali avremmo condiviso il viaggio. Pochi, ma a mio parere buoni.
Ci è andata di culo in sostanza.
Mentre una volta fuori abbiamo conosciuto anche Lisa, che sarebbe stata la nostra guida oltre che organizzatrice del tour.  

Personalmente odio i tour organizzati e quindi le guide. Non amo viaggiare in compagnia, tantomeno con qualcuno che mi dice ‘dove andare e cosa fare’, quindi ero molto scettica inizialmente. Soprattutto perché viaggiare è una delle cose al mondo alle quali tengo di più, quindi se non fosse andata bene, mi sarei, come dicono in Francia, mangiata una merda.
Io viaggio sola e nella mia testa, la concezione di guida, è un locale, conosciuto per caso una sera, ci bevi qualcosa assieme e che si offre di farti vedere la ‘sua’ città. Solo cosi secondo me puoi davvero ‘viverti’ una città che non sia la tua. D’altronde se ci pensate, quando vedete un turista nella vostra città, mentre fotografa la statua o la chiesa più importante, non vi viene subito da pensare che non è così che può conoscere davvero la città..  e che voi sì che gli fareste davvero assaporare la vera vita del posto, se gli faceste da guida?

Farsi raccontare una città, come voi raccontereste la vostra.

Questo vorrei da una guida. E quasi mai è così… ore e ore passate ad ascoltare spiegazioni sul perché la facciata di questo o quel palazzo siano di un colore o di un altro.  DU COIONI.

Quindi come dicevo, nella mia testa i tour organizzati non sono contemplati. ANZI.

Con Lisa mi sono dovuta ricredere. E’ stato come fare un viaggio con un’amica di vecchia data, che vive qua da molto tempo e decide di ospitarti per qualche giorno. Nessun tempo morto, nessuna spiegazione pallosa e soprattutto nessun vincolo, di nessun tipo.

Arriviati in Riad, (l’equivalente del loro albergo, ma in stile arabo) abbiamo semplicemente lanciato le valige nelle stanze e nonostante la stanchezza, siamo usciti. Non vedevo l’ora. Chi viaggia conosce quella sensazione. Quella impazienza di mettere a confronto la realtà, con ciò che ci siamo solo immaginati fino al giorno della partenza.

Ecco, diciamo che non è andata proprio benissimo la prima sera.

Eravamo in cinque quindi ero tranquilla, ma ammetto che se fossi stata da sola, la passeggiata notturna per le vie della Medina (il centro storico), per quanto affascinante, l’avrei saltata a pie’ pari. Nonostante Lisa ci avesse detto che non c’era nessun motivo per avere paura (e probabilmente aveva ragione), ma a sensazione… mmm anche no!!! Avevo meno paura girando da sola a New York.. ma ripeto, sono sensazioni semplicemente.

Durante il giorno c’è il mercato, cioè un vero e proprio marasma di gente, profumi e negozietti a misura d’uomo. La sera invece, quando le bancarelle chiudono,  rimane solo sporcizia e desolazione.. Ma più sporcizia, molta sporcizia. Madò che snobdimerda che sembro quando dico ste cose, manco fossi la Regina della casa io poi… No, però non mi piace nemmeno far finta che non sia stato quello il mio pensiero. Il punto é che noi siamo abituati ad una realtà, molto diversa dalla loro, sotto molti punti di vista.. E la pulizia é uno di questi. 

Poi gruppetti di persone sparpagliati qua e là a fare.. A fare.. 🤔.

Mmm, ad essere onesta ora che ci penso non saprei dire cosa facessero. So che non bevono alcolici, ed essendo io veneta non riesco quindi a trovare una spiegazione al perché si trovino ad uscire alla sera..

Vabbè comunque dicevo.. Sporco, gruppi di gente astemia.. E gatti. GATTI EVERYWHERE. Se siete dei gattari, dovrete combattere giornalmente contro il vostro istinto, di toccarli o addirittura di aiutarli, quando in un vicolo buio e stretto vi passerà a fianco un micio di circa 3 giorni, con gli occhietti ancora chiusi e tutto spellachiato, in cerca di qualcuno che possa fargli capire dove si trovi e perché in quelle condizioni. OHMIODIO MACHE CARINOOOOOO, VIEN…NO, NO NO RESTISTETE!

Si insomma ok, diciamo che la prima sera non sono rimasta proprio positivamente colpita.. 

La notte però, porta via comunque la stanchezza e nel frattempo gli asini netturbini  portano via la spazzatura. Asini netturbini si, non ho sbagliato a scrivere, sono proprio asini che passano di notte per le vie e tirano su le immondizie lasciate durante il giorno. Da non confondere con gli asini fattorini, che portano a casa la spesa dal mercato. O gli asini tassisti..

Ma comunque… dopo l’originale sveglia che usano loro alle 5.25 del mattino, ovvero il richiamo alla preghiera fatto dal Muezzin, che a mio parere è stato più un richiamo alla bestemmia…. (5.25 DEL MATTINO. MA Scherziamo!??) Ci aspettava la  colazione marocchina dalla splendida terrazza del Riad, allego foto, perché con molta umiltà devo ammettere che non saprei descrivere la bellezza del momento in cui abbiamo fatto l’ultimo scalino e siamo usciti sul tetto. Avete presente le mattine d’autunno, ma non ancora fredde, semplicemente tiepide, il sole ancora molto molto timido, che illumina un po’ alla volta tutti  i tetti, i panni stesi, i campanili.. e il classico silenzio della domenica mattina, quello di una città che si sveglia con un po’ più di calma rispetto al caos della settimana. Ecco così.

colazione marocco

Tavolti rotondi, cuscini, caffè, the alla menta, burro, marmellate e Msemen a volontà (pancake marocchini di cui avrei fatto volentieri indigestione).

colazione fes marocco tetto riad

I momenti che ti fanno dire ‘

CAZZO MA QUANTO BELLO E’ VIAGGIARE????

Finita la colazione eccezionale, raccattate le valige (raccattate è italiano? O veneto? Boh vabbè, secondo me  avete capito ugualmente) e via fuori immediatamente.

‘SCUSATE MA… SIAMO NELLA STESSA CITTA’ DI IERI SERA?’

Non so cosa fosse successo nella notte in città, ma al mattino aveva cambiato totalmente aspetto. Come le persone che conosci in discoteca  e che se le rivedi la mattina ti domandi ‘Ma quanto cavolo avevo bevuto ieri sera?’. In ogni viaggio mi succede, e in ogni viaggio lo racconto. C’è sempre la giornata ‘No’, nelle quale ti ritrovi un po’ delusa da tutto, o magari piove o magari hai gli ormoni a palla e piangi a caso, ma la città, non si capisce come, in un modo o nell’altro riesce sempre a recuperare.

Nel caso di Fes ha avuto molto tempo per recuperare, perché il programma del primo giorno era arrivare a Chefchaouen, detta La Perla Blu del Marocco, loro dicono che sia per il colore blu che la caratterizza, ma secondo me è semplicemente perché nessuno è mai riuscito a pronunciare correttamente il nome. Ma io che sono vostra amica vi scriverò la pronuncia, cosi potrete impararlo subito e non fare le figure di merda che ho fatto io per circa un mese.

SCEF-SCIO-UEN.

Generalmente non amo i traggitti troppo lunghi in macchina, soprattutto in un periodo come questo, dove gli attacchi di panico la fanno da padroni. Quindi l’idea di farmi 4 ore di viaggio, in macchina con persone, ancora estranee, lontanissima da casa e in posto nuovo, non mi entusiasmava, per non dire ODDIO CHE ANSIAAA!

Invece, tra lo scrivere, paesaggi incredibilmente belli e qualche sosta per visitare bancarelle disperse in strade in mezzo al nulla.. non mi sono nemmeno accorta del tempo che passava.

MA, può essere anche che il mio cervello abbia subito un blackout, quando ad un certo punto dalla autoradio è partita ‘WWW mi piaci tu’ dei Gazosa. Sì, avete letto bene. WWW MI PIACI TU DEI GAZOSA???? In mezzo al nulla cosmico di una strada del Marocco?  SI.

Credo che a Cartesio sia successa una cosa simile quando si domandò ‘Sogno o son desto?’

Quindi si, può essere che le ultime tre ore di viaggio, il mio cervello le abbia passate ad elaborare la cosa, cercando una spiegazione logica. Chiaramente impossibile da trovare.

I Gazosa?? QUI?! Boh vabbe..

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

Chefchouen, 30/09/2018

E beh, se ci andate, mi sento di consigliarvi due cose.

La prima, svuotare la memoria del cellulare, più che potete, perché ogni tre passi vi verrà voglia di fotografare qualsiasi cosa.

La seconda é NO FOTO NO FOTO NO FOTO, alle persone. Nella loro cultura, le foto rubano l’anima, (un po’ come da noi d’altronde!). Quindi quando vorrete fotografarli, facendo finta di fotografare altro (fine!), sappiate che loro se ne accorgeranno.. E ve ne accorgerete anche voi quando vi malediranno al grido di ‘Allah’nima delimortaccitua”.  

marocco persone chefchouen

Ciò nonostante rimane comunque la città più affascinante di questo viaggio. Sì ‘ affascinante’ credo sia la parola più adatta.

E’ blu. Tutto estremamente, blu. Fin troppo blu. Ad un certo punto, mi sono addirittura chiesta (vista la quantità industriale), perché non pitturassero anche i gatti di blu, per renderli più caratteristici.

Marocco in 4 giorni: Da Fes a Chefchouen

DRIN DRIN DRIIIN. ORA DI PRANZO. Ebbene si. E siccome per me, uno dei piaceri del viaggiare è proprio provare gusti nuovi, siamo andati a magnà. Sempre ovviamente su consiglio di Lisa e del ragazzo che ci stava facendo da guida quel giorno (.. e li ringrazio per questo).

Segnatevi assolutamente questo nome CAFE’ CLOCK. Tutto buonissimo, ma due le cose da provare nella maniera più assoluta:

  1. L’hamburger di cammello. (introvabile nel resto del paese e sì, non che da noi si trovi facilmente). Delizioso e cucinato in maniera impeccabile.
  2. Bevanda semplicissima dellaqualenonricordoilnome, ma da 10 con lode. (Provate con: Fresh Mint Lemondade. Che voglia se ci penso!)
marocco cosa mangiare carne cammello

Ammetto che ero molto, molto scettica per quanto riguarda il mangiare. Non sono una schizzinosa, anche se nessuno schizzinoso dice mai di esserlo, ma io non lo sono, si ok anche questo lo dicono tutti, BEH IO MANGIO TUTTO. Avevo semplicemente timore di passare il tempo restante del viaggio sulla tazza. Son sincera, non sono proprio il massimo dell’igiene le loro cucine, quindi SI ERO SCETTICA. Beh mi sbagliavo. O comunque occhio non vede..  

Consigliatissimo : Cafe Clock, 3 Derb Tijani, Chefchouen.

Per smaltire il tutto, ma soprattutto per fare indigestione di blu, siamo usciti. E abbiamo iniziato a camminare. Dove capitava; vicoli, bancarelle, piazzette, case.. tutto rigorosamente in tinta. Tutto fottutamente colorato ed estremamente bello.

Soprattutto se riuscite a intravedere qualche scena di vita quotidiana.. Quando non cercano di vendervi qualcosa.

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Qualche anziano seduto, le donne intente a sbucciare fichi d’india o qualche bambino che torna verso casa con il pallone sotto il braccio.. Ecco in quel momento potrete vedere il quadro generale e non più solo il quadretto dipinto di blu, che vendono al negozio di souvenir.

Questo è quello che mi aspetto da un viaggio, scoprire una realtà che non è quella che conosco e nemmeno quella costruita ad hoc per i turisti. Voglio conoscere la quotidianità di altre parti del mondo. Voglio vedere l’anziana andare a fare la spesa con il mulo, o il fornaio sfornare il pane e riporlo su un carretto che porterà poi in giro per tutto il paese, o due gatti randagi dormire avvinghiati dormire sopra un borsone in pelle venduto in una bancarella…

gatti pelle fes randagi marocco

Prossime tappe, Volubilis, Meknes e Bahlil. (per leggerle QUI)
Che non avevo mai sentito nominare (capra capra capra) prima d’allora..

Ringraziamento doverossimo a ‘‘In Marocco con Lisa” 

Amsterdam viaggio sola Mai na gioia is the new Black

Amsterdam ancora

Amsterdam 

… dov’eravamo rimasti?

03 Dicembre 2017

Oggi va già meglio. Il clima da tregua, c’è freddo, nebbia, pioviggina un po’ ed è brutto.. no ok, forse solo io sto meglio oggi. Il tempo fa schifo uguale.

Non so, ma oggi sembra essere partita decisamente meglio. Meno stanchezza addosso, ma soprattutto ho fatto quello che faccio sempre, e che avrei dovuto fare anche ieri; ho spento internet, cuffie alle orecchie e ‘play’ sulla mia playlist. Cartina in tasca e via.

E lo so che sembra una cazzata, ma è anche per questo che nei viaggi da sola riesco a vivermi di più le città. Le sento.
Perché la musica, cambia il modo di vedere le cose. Un po’ come il vino. Forse per questo amo entrambi.

Ma dicevo.. Ho fatto una passeggiata a Vondel Park, una sorta di Central Park in miniatura. Ok il clima non è dei migliori per passeggiare nel parco, ma l’atmosfera domenicale si sente tutta.
L’ho attraversato tutto e … NO NO ALT!

Sono dentro uno splendido locale, seduta ad un tavolino fronte strada e proprio mentre stavo mentalmente dicendomi ‘Non posso tenere le cuffie mentre sono seduta in un bar, è da maleducati!’ è partita una delle canzoni della mia playlist proprio dalla radio del locale.
Quante probabilità ci sono? Tante, se si fosse trattato di musica commerciale.. ma non lo è.
(Ovviamente come sempre, a fine racconto pubblicherò, seppur gelosamente, la mia playlist.)

Ecco beh, a me queste cose lasciano sempre una strana scia addosso. Come se fosse, una sorta di ‘segno’!

OMIODIO!! DUE CANZONI! D U E C A N Z O N I.
Qualcuno si prende gioco di me!?

Vedi.. lo dico sempre. Le città sanno sempre come ‘recuperarti’.
Mi godo il momento, senza cuffie.
Caffé. Torta alla banana. Il mio diario.24989588_10213560670305354_872338847_n

Giornata all’insegna della più totale libertà. La bellezza di non avere un programma. La bellezza del rendersi conto di cosa significhi avere del tempo libero, che sia realmente tale.
Musei mi ero ripromessa di non visitarne, chiese nemmeno, ed essendo ad Amsterdam nota principalmente per questo (…si ok anche per i negozi di caffè.), non mi è rimasto che vagare.
E credo di averla girata veramente tutta. Evitando clamorosamente le vie principali, intasate di shopping natalizio. Mi sono persa per le viuzze laterali.

Quiete, bici e vetrate a vista.  25139095_10213560668265303_2140704730_o.jpg
Splendide vetrate a vista.
Lei al suo portatile, lui accanto sul divano e il gatto a guardare fuori dalla finestra.
La Domenica di Amsterdam.
Me ne sono innamorata.

Volevo anche cercare un posto, che meritasse la vista dall’alto. E proprio mentre mi avvivavo verso un posto consigliatomi, ha cominciato ad uscire un debolissimissimo sole.

Chiaramente appena sono uscita, ha ripreso a piovere, ma nulla di drastico. Ma forse non me ne sarei nemmeno accorta fosse scesa a secchiate… ero totalmente assuefatta da Amsterdam (infelice scelta delle parole si).

Stranamente non sentivo la stanchezza, a differenza del mio telefono che aveva bisogno di ricaricarsi. Breve sosta in ostello e poi a piedi tour dei canali.

Ero consapevole che sarebbe stato un giro infinito, ma alla fine nella scelta la barca e le mie gambe, hanno vinto le gambe.
Volevo più libertà!
Ed è stato giusto così probabilmente. E’ stato splendido. Amsterdam di sera è qualcosa di eccezionale.

amsterdam luci Camminando sono anche passata, per il quartiere a luci rosse. Anche lì vetrate a vista e zero tende per la privacy, ma scene leggermente meno poetiche di quelle che vi raccontavo prima.

Tra l’altro non so perché, ma nella zona dei Coffe Shop, io mi aspettavo scene apocalittiche, tipo festini di Silvio ai tempi d’oro. Gente sui tavoli a ballare, gente per strada denudata, Giucas Casella in testa ad un trenino cantando Maracaibo per le strade della città seguito da Snoop Dog.
Invece nulla di tutto ciò.
Solo occhi rossi alla Twilight e tanta pace.

Sono anche arrivata alla famosa scritta Iamsterdam. La foto seppur di rito, volevo farla.
‘Aspetto che si tolga di mezzo sto ragazzo. E poi sta ragazza..
Dai bambini spostatevi un attimo devo fare la foto.
Nooo la comitiva di turisti. MA TUTTI ADESSO?!
Non riuscirò mai a fare la foto…’ 25086566_10213560668345305_2017228834_o.jpg

Così per 20 minuti, sotto la pioggia. Finché non mi sono resa conto che bastava farla dall’altro lato al contrario, dove nessuno si metteva.
E poi girare la foto.
Un genio lo so.

Ma tornando al mio tour, gli ultimi 3km credo di averli fatti totalmente d’inerzia. Almeno fino a che non ho trovato un locale tipico dove mangiare. Nulla di che, ma indubbiamente qualcosa di nuovo al mio palato.
Breve passeggiata per smaltire e.. sono arrivata all’ostello 😑. Ma come?! Senza cartina?! Senza navigatore? Com’è possibile? C’ho messo 3 ore l’altro giorno anche con le indicazioni.
Culo sicuro. Anche perché mi conosco, so che se ci riprovassi probabilmente arriverei all’ostello dove alloggiavo a Stoccolma.

04 Dicembre 2017

Ultimo giorno.
E piove ovviamente, come in un qualsiasi Lunedì che si rispetti.
Oggi un po’ di stanchezza mista all’acido lattico la sento, quindi ne approfitto per consumare l’abbonamento ai mezzi.
Preso il famoso tram 2.
Quello che fa il giro completo.
Volevo vedere la periferia. Troppo facile innamorarsi del centro della città, addobbato a festa.

Tra l’altro avevo notato questa cosa delle case, tutte strette e altissime, e tutte con un gancio appeso sopra l’ultima finestra. Lì per lì non mi ero fatta molte domande a tal proposito.
Poi però ieri vagando a caso per un quartiere, ho avuto l’illuminazione.

Una persona affacciata al balcone del secondo piano e una davanti al portone d’ingresso, intente a sollevare un divano proprio con una sorta di carrucola attaccata a quel gancio.
Neanche da dire che sono rimasta a guardarmi tutta la scena.

Case piccole, scale strettissime e ripide. L’unico modo per far arrivare ai piano superiori qualcosa di pesante o ingombante, è proprio quel gancio..
Ecco beh… ora lo so.

Per quanto riguarda la periferia, nulla a che vedere con il centro. Casermoni e un silenzio incredibile.

Mi sono comunque goduta l’ultimo giro.
Il tempo di fare il tragitto al contrario ed era già ora di recuperare armi e bagagli.

Mi hanno chiesto che voto darei ad Amsterdam.
Ho risposto ‘ Ci scrivo su qualcosa per fare mente locale e decido.’. Mi tocca ora.
Però non l’ho ancora vista in primavera, con i suoi mulini, i tulipani e soprattutto il sole.
Facciamo che mi riservo il voto per il secondo round. 😎

Come promesso:
Per chi ha Spotify https://open.spotify.com/…/…/playlist/77KqMiDZi6a9dz3OBAs77f

Per gli altri J
The Parklands – Jimbo Scott
Dreams – Fleetwood Mac
Head On – Man Man
Feels like we Only Go Backwards – Tame Impala
Come to me – Lili & Madeleine
Impostors – The fratellis
Portinos For Foxes – Rilo Kiley
Lost it to trying – Paper Town
Such Great Heights – The Postal Service
Banana Pancake – jack Johnson
These Streets – Paolo Nutini
Atlas Hand – Benjamin Francis

viaggio weekend amsterdam

Un weekend ad Amsterdam

amsterdam 02 Dicembre 2017

Sono qua da boh, forse 5 ore e mi sembra di esserci da giorni.
Primo viaggio sola dopo tre anni, mi sono concessa il lusso di vagare a caso per la città per circa 3 ore, così per testare se c’era empatia tra noi.

Beh sapete una cosa? Non sento nulla. Letteralmente.
Sono completamente ibernata.
Splendida giornata di nebbia, così giusto per non farmi sentire la mancanza di casa (…).
E proprio per sentirmi come a casa alle 16 ho deciso che era arrivato il momento di fermarmi per riprendere quantomeno la sensibilità di mani, piedi e sentimenti.
Chiaramente da veneta volevo partire (per scaldarmi eh, non per attaccamento agli alcolici) con un’ombra, ma erano le quattro di pomeriggio, mi faceva brutto palesarmi cosi subito agli olandesi… e poi checazzo 6€ per un’ombra?!
Non glieli avrei dati manco fossi stata Peter Pan.

In ogni caso, ammetto che freddo e gelo, hanno un po’ gelato anche il mio entusiasmo iniziale. Io amo il cielo scuro, magari non proprio la pioggia battente quando sei per strada, ma non disdegno il brutto tempo… purtroppo però devo ammettere che il sole cambia tutto, le città, le persone e anche l’umore. E dunque, come direbbe qualcuno ‘Non girava proprio..’.

Quando sono uscita dal locale per avviarmi verso l’ostello, era già orario di aperitivo, no vabbè volevo dire che la luce aveva già iniziato a scendere.. per così dire, visto che Amsterdam sotto Natale è una colata di lucine che perfino Babbo Natale secondo me un po’ si stizzirebbe.
L’idea era tornare in ostello, mettermi all’incirca altri 16 strati di vestiti addosso, come quando in aeroporto la valigia pesa troppo e tu decidi che piuttosto che lasciare là anni di shopping ti devi far stare tutto addosso, e uscire poi per la cena.

Tornare in ostello? AHAHAHAHAHAHA.

Mi sono persa.
Ovvio.

Avevo la cartina, che fa sempre molto Hipster, ma era troppo buio e avevo le mani troppo ghiacciate per tenerla su. Avevo anche Google Maps che fa sempre molto persona normale, ma continuava a dirmi ‘Continua in direzione sudovest per 600m.’, ma io non sono Magellano e dopo la terza volta sono schizzata male e l’ho mandato a cagare al grido di ‘Ma si, goditi a pieno la città in maniera totalmente naturale, dove vai vai.’

Ma dove vai vai cosa? COSA? Che siamo a –4.
21 km.
V E N T U N O chilometri a piedi mi sono fatta.

Sono arrivata in ostello assomigliando tantissimo a Jack Nicholson in Shining. Chiaramente nella scena finale.

Imbottita di vestiti, caffè, scarabocchiato due/tre cose nel diario e via di nuovo.
Ero effettivamente stanca morta, un po’ per la sveglia alle 4, il freddo, i km e soprattutto quella sensazione ‘Di viaggio’. Non saprei come chiamarla, non so nemmeno se sono l’unica a provarla.. io amo viaggiare, lo amo davvero, penso sia lo scopo per il quale lavoro, per potermi permettere qualche ‘fuga’ ogni tanto, che mi faccia sentire appagata dalla vita, che mi faccia sentire viva e parte di un modo che piano piano sto scoprendo, che poi altro non è che lo scopo principale per il quale la maggior parte della gente viaggia. (VIAGGIA, non ‘va in vacanza’); ecco beh la sensazione del primo giorno di viaggio, aspetti aspetti aspetti e poi arriva quel giorno, ed è pieno di ansia, emozione, gioia, aspettative e mille altre cose.. ecco quella sensazione, crea stanchezza. Quella stanchezza.

Ma volevo uscire. Volevo Amsterdam. Il centro dell’Europa. 24956795_10213546539912103_1147622866_o.jpg

Quindi fuori, boccata d’aria gelida, ma ‘Freddo nun te temo più’ e via.. un labirinto di stradine, canali e case strettissime tutte uguali e diverse.
E di quelle, mi sono innamorata.
Fin da quando ero piccola, la cosa che amavo più fare era guardare la ‘vita’ dentro le case illuminate alla sera. La quotidianità degli altri. Il rientro nella comfort zone, dopo una giornata nel mondo. Lo trovavo confortante. Le librerie, i fornelli accesi, un cane che gironzola per casa.. non saprei spiegare.

Ecco beh, Amsterdam mi ha fatto tornare bambina. amsterdam finestre illuminate
Le case (TUTTE) alte e strettissime, sono dotate di di grandi vetrate a vista. Zero tende, o forse qualcuna ma comunque aperta a metà, per dare solo una mezza parvenza di privacy.
Se lo facciano per tradizione o per esibizionismo non lo so, ma è uno spettacolo.
Case perfettamente arredate, case disordinate, gente che cena con amici, gente che suona la chitarra, chi legge, chi scrive.. tutto ‘in vetrina’.
Ripeto, uno S P E T T A C O L O.
Ed è stato amore.

In questo loro ostentare il design sono molto simili agli svedesi, così come anche per l’abuso delle biciclette.
SI BEH.. anche qua vorrei dire: tutti tecnologici, tutti ecologisti, tutti in bici, MA IN MOTORINO TUTTI SENZA CASCO PERO’ EH.
Più che Venezia, a me ricorda Napoli..

Mi sono comunque fatta l’abbonamento per i trasporti pubblici, perché avevo letto che il BUS 2 faceva praticamente il giro ‘turistico’ della città e quindi volevo… no vabbè ero stanca di camminare!
Comunque anche i bus sono un casino e quindi sono riuscita a perdermi e mancare tutte le fermate e le coincidenze. Amsterdam 2 – Michi 0

Alla fine il ristorante l’ho trovato. Mi sono seduta e subito ho tirato fuori cellulare e diario. Avevo paura di non essere più ‘preparata’ a mangiare da sola.
Ho ordinato subito un calice di rosso, costava, ma dopo una giornata così non m’importava. Lo volevo.
Oltretutto di tutto ciò che avevo ordinato, era l’unica cosa che sapevo cosa fosse.
Era un semplicissimo rosso, ma al primo sorso mi è parsa la cosa più buona del mondo.
Ecco questa è una delle cose per le quali non scambierei mai il vivere in Italia. Il vino e gli aperitivi.
Sembrerà una cosa da alcolista, ma qualche amico, una bottiglia di vino, forse due.. e cambia tutto. Tutto.

Al terzo sorso, avevo già iniziato a sbadigliare. Non benissimo.

Arrivata la zuppa.. non so cos’abbia dentro ma somiglia tanto alla nostra pasta e fagioli. Ma spero sia solo somiglianza perché sono a dormire in ostello.
Accompagnata da un qualcosa di indefinibile, forse il loro equivalente di ‘cicchetto’. Una fetta di prosciutto (spessa quanto la crosta terrestre e fredda come l’acqua della doccia che faccio quando mia madre decide che è ora di lavare i piatti), messa sopra un quadrato di un boh ancora più freddo e con sembianze di pane scuro.
Non so cosa fosse. Non chiedetemi.
In ogni caso ho mangiato, anche perché escluse le due galatine e un waffle, ero ancora a stomaco vuoto da ieri sera.

Si lo so avevo ancora i Fonzies, ma li tengo per le emergenze, come quel pacchetto di crackers che tengo sempre in borsa per i momenti di carestia e che alla fine sono costretta a sniffarmi quando servono.

Oh è arrivato anche il secondo. Due specie di polpette arrotolate nel bacon, con contorno di patate e verdure, che sembrano verze (OSTELLO!!!!!)

Ora, io sono la prima a voler sperimentare le cucine locali e bla bla bla bla.. ma ragazzi, non ce n’è.

Sono le 21 e sono completamente sfatta. Pensavo che la sera avrei vissuto la movida, le luci, la città.. invece mi sto sognando il letto e il caldo.
Che sfigata. Come a New York la sera che ho preso sonno alle 18 dopo la doccia. Ma li potevo dare la colpa al jet lag, qua a chi do la colpa.. alla vecchiaia?

Neanche tempo di spegnere la luce, sono stata inghiottita in un buco spazio temporale.25035327_10213546755037481_729141462_o

Amsterdam viaggio sola Mai na gioia is the new Black

Amsterdam

Dopo cinque anni dall’ultimo viaggio da sola, rieccomi.
Amsterdam, arrivo

lisbona viaggio portogallo

Viaggio in Portogallo, dal nord al sud

PORTO 25 Luglio 2017 (se vi foste persi la parte 1 la trovate QUI)

Il programma per l’intera giornata dedicata a Porto, prevedeva semplicemente Porto, senza alcun programma. Colazione sotto casa e gambe in spalla..

Anzi no rettifico, le uniche due cose che avevamo messo in programma per la giornata a Porto, erano pranzare al mercato di Bolhao e visitare il Palazzo di Cristallo. Avevo visto alcune foto su Instagram e volevo assolutamente vederlo. E considerando che non avevamo idea di che altro avremmo potuto vedere a Porto e non potevamo già andare a pranzo (anche se..).. abbiamo dato quella direzione alla giornata.

Entrambi d’accordo sul fatto che una città la visiti cosi o non la puoi vivere, e con ‘cosi’ intendo ovviamente a cazzo.

Quindi dopo un paio di:
“Giriamo di qua”, “No secondo me l’ingresso è di là”,”No fidati non può essere di là” e “Si vedrai, dai muoviti.”
… …
” Si ok avevi ragione, abbiamo allungato. Si però guarda sto bar che figata. Birretta?

Beh.. non sono mica Magellano io. E poi scusate, se non avessi sbagliato strada non avremmo mai trovato questo bar fantastico. Un bar che più che altro era una terrazza, con una vista da 10 e lode. Birretta, aria fresca e cielo azzurro. Ecco quello che dicevamo prima sullo ‘scoprire’ la città.

Ma dicevamo.. il Palazzo di Cristallo. Ci siamo riavviati alla ricerca del Palazzo e del suo famoso ‘giardino’. Alla fine siamo arrivati i questo parco, effettivamente molto bello, ma io ero troppo concentrata al voler vedere il Palazzo. Siamo arrivati davanti a questa struttura sferica orribile. E..

+’Sta cosa qua volevi vedere?’

-‘Beh, si ma non era così quello che avevo visto io’

+…

-‘Davvero! Oh adesso ti faccio vedere allora!

Cerco la foto da mostrargli. Gelo.

-No dai vabbe andiamo
+Non dovevi mostrarmi la foto
-No vabbe non serve, amen.
+ ….
-‘ E’ A MADRID CAZZO. IL PALAZZO DI CRISTALLO FIGO, E’ A MADRID. MI SONO SBAGLIATA’

+..

Siamo andati al mercato. Ha fatto strada lui. (…)

L’idea era mangiare là, complice il fatto che adoriamo i mercati e il cibo che vi si può trovare, ma non è andata secondo i piani. Era caratteristico, ma anche piccolo e quindi mangiare è risultato impossibile. Breve passeggiata per goderselo un po’ e di nuovo tra le strade di Porto. Almeno fino all’orario aperitivo e visto che l’altra tappa prevista era il Base (sempre su consiglio di un amico locale)… VAMOS! Un baretto, in pieno centro e all’interno di un giardinetto. Credo la cosa più bella della giornata, per entrambi. Non tanto per i cocktails, che comunque meritavano, ma proprio per l’atmosfera. Quella temperatura ideale, quell’aria rilassata che un aperitivo al tramonto sa creare, tutte quelle persone nella loro quotidianità, il nostro primo giorno di ferie assaporato davvero.

Dopo un paio di drink e quella fame che la felicità ti crea, ci siamo avviati in cerca di uno dei posti consigliatici dalla cameriera incontrata in una delle cantine il giorno prima. Un semplice pub, conosciuto probabilmente solo dai locali, nulla di particolare, ma sarà stato l’alcool o la felicità.. ci è piaciuto. Non scherzavo quando dicevo che un po’ di vino ti svolta la visione del mondo.
Poi ti fa anche collassare a letto però.

Terzo giorno. (26/07)
Oggi sveglia presto, ma non volontariamente, biologicamente. Una nuova città da visitare e una notte intera di sonno, funzionano piu di un caffe macchiato redbull.
Colazione al solito caffe sotto casa (vedi part.1).

Tra l’latro penso, che se avessi, come faccio sempre, chiesto a Google un posto ‘anticonvenzionale’, (come se google sapesse che per ‘anticonvenzionale’, intendo un posto magari non in centro, magari un semplice panificio/pasticceria, magari un posto che su TripAdvisor non esiste nemmeno, magari uno di quei posti che se chiedi ad un locale neanche gli viene in mente), non ci avrebbe trovato comunque questo posto. Eppure, ce l’avevamo sotto casa.. un semplice bar in apparenza, eppure il caffè, i dolci e i panini tra i più buoni mai mangiati.

In ogni caso.. valigie, macchina, partenza.

Autostrade deserte e incredibilmente larghe, forse perché il posto non gli manca. In effetti tra un paese e l’altro, c’è il nulla cosmico.

Un’oretta e mezza di macchina, temperatura di circa 25 gradi, musica portoghese dall’autoradio e… ecco Aveiro.

Avete presente quelle giornate di Novembre, soprattutto al Nord, dove la mattina appena aprite le finestre, il primo pensiero è ‘Allora ragioniere che fa? Batti?’. Ecco beh Aveiro è l’immagine esattamente opposta.

Scesi dalla macchina, occhiali da sole subito o cecità a vita. Un cielo di quell’azzurro, che i filtri di Instagram c’hanno solo da stare muti e imparare. Qualsiasi altro colore, incredibilmente più brillante del solito. E soprattutto le case con le Azulejos. Le tradizionali piastrelle colorate.
Ammetto però, che dopo aver visto quelle di Porto, mi ero un po’ ricreduta sul loro fascino.

Ovviamente prima di partire ne avevo sentito parlare, e mi aspettavo di rimanerne incantata dalla tradizione. Vero anche che Porto è una grande città e non è facile mantenere la tradizione e stare al passo con la moda. Ma le sue.. parevano prese e attaccate là, tanto per soddisfare i turisti.

Aveiro invece, le ha ancora tutte la. Tutte diverse, tutte autentiche, tutte realmente vissute come vuole la tradizione.

Beh quello era esattamente il Portogallo che mi aspettavo di vedere. Paesino splendido.

Per il pranzo ce la siamo presa un po’ comoda, un po’ per via della colazione (sufficiente a sfamare un intero villaggio turistico), un po’ incantati da quel paese incredibilmente luminoso e un po’ (tanto) per il fatto che stavamo sognando il primo vero pranzo di pesce degno di un paese di pescatori come quello.. si insomma, maggiore sarà l’attesa… minore sarà la possibilità di trovare un ristorante con la cucina ancora aperta. Mannaggia a noi.

Entrambi convinti che anche in Portogallo i ritmi fossero gli stessi della Spagna e del Sud Italia, dove si cena all’ora in cui io di solito prendo il panino post discoteca. E invece no… se alle 15 non hai ancora pranzato, conviene aprire Google e cercare ‘ Miglior kebab della città’ e arrangiarsi.

Avevamo entrambi voglia di pesce. Non di quello buono ma mangiato a piccolissime dosi in un ristorante extralusso che di mare hanno solo il ‘misto’, ne di quello mangiato in riva alla spiaggia con tovaglioli di carta, dosi immense e conto astronomico. Volevamo la via di mezzo. Volevamo il sapore del vero pesce, volevamo una ricetta senza pretese, ma a noi sconosciuta, che cucina la classica madre portoghese.. Beh trovato. E alle 14.40, impavidamente, entriamo.

Locale grande quanto la cambusa di una barca, con anche lo stesso identico arredamento.. Pochi posti ma ben distribuiti, così come i piatti.. e decisamente caratteristico.

Personale inizialmente non molto propenso alla cordialità, colpevole forse la nostra italianità, a mio parere non proprio ben vista dai portoghesi. Con comunque una remuntada finale con tanto di chiacchiera e biglietto da visita… perché quando si vede il logo di TripAdvisor spuntare all’orizzonte sono tutti più propensi ad offrirti la grappa.

Purtroppo la nostra fake tabella di marcia, prevedeva la visita pomeridiana/serale alla ridente cittadina dei templari, ‘Tomar’ . Quindi tirata su l’ancora si riparte…

Un’oretta di strada e si cambia aria.

Ora, per chi fino a questo punto non l’avesse ancora capito, lo esplicito.. più che una vacanza questa è stata una sorta di aperitivo lungo. Un tour all’insegna dell’alcool, dell’evasione e della cultura, ma più che altro dell’alcool. Quello che ti fa leggermente ovattare il mondo, quello che ti da la possibilità di fartelo amico per un po’, che te lo fa apprezzare di più, che ti fa girare bene la serata e fare discorsi esistenziali ordinando un altro giro…

Beh questo solo per dire che appena arrivati a Tomar, con le prime luci dell’imbrunire, la prima cosa fatta è stata cercare un bar e un posto dove mangiare. Ed essendo grande quanto Borgo Tre Case (frazione di Borgo Dieci Case per le capre che non sapessero dove si trova), con una chiesa, una piazza e tre panchine, non è stato difficile trovarlo.

Vorrei raccontarvi di che bello è stato vedere il sole tramontare dietro il castello, ubicato poco piu su del paese, in collina, o che bello il mulino antico ancora funzionante proprio in centro alla città.. ma la verità è che non è vero niente. E che personalmente la cosa più apprezzata di questo paese è stata la Birra media e il Porto Tonico bevuto all’aperitivo e pagato 4€ (totali, non cadauno. TOTALI SI. So che starete già cercando su google ‘Weekend a Tomar’). D’altro canto anche io quando mi sono informata per il viaggio, Tomar era tra le mete turistiche più consigliate.. Ciò € 4 birra e cocktail, sinceramente, anche io mi sento di consigliarla a tutti.

Nemmeno da dire, giorno dopo, colazione e fuga subitoimmediatamente. ‘’Bella, bella ma per noi è NO.(cit.)’’

Quarto giorno (27/07)

Obidos. Vale la pena farci tapp, per la camminata sopra le mura che circondano tutto il paese e per il Ginja, il liquore alla ciliegia tipico, che con 1€ puoi bere dentro una mini tazzina fatta di cioccolato. Con 8€ siete imbriaghi, felici e con forse anche un inizio di diabete. Consiglio di fare il giro sopra le mura, prima.

Dopo un’oretta, sguardo d’intesa del tipo ‘Beh l’abbiamo vista, possiamo andare no?!’, spallucce e via di nuovo… verso l’Oceano. Peniche per l’esattezza, uno dei paradisi dei surfisti. Peniche di per se, non è che abbia molto per cui essere raccontata. Cittadina a strapiombo sul Grande Blu, gente con la muta sulle spalle e la tavola sotto il braccio ovunque e a tutte le ore del giorno. Diciamo che fa la sua parte, ma ancora di più fa da ‘ponte’. La (secondo noi), vera attrazione del posto è Berlenga, un’isoletta a circa 40 minuti di traghetto (ce ne sono diversi che partono dal porto, ma vi consiglio di prendervi i biglietti con neeeeetto anticipo, perché i posti sono limitati e le tratte anche).

In ogni caso, dopo 4 giorni di sole da cartolina, il primo giorno in cui non solo vedevamo, ma dovevamo anche navigare l’Oceano c’era ovviamente maltempo. O V V I A M E N T E.

Presi i biglietti in extremis, colazione leggera a base di 3 dolci diversi e due cappuccini, cosi da avere qualcosa sul quale concentrarsi durante tutto il tragitto in barca, attendiamo il traghetto. Leggera ansia mia dovuta alla paura delle acque oceaniche, dovuta a sua volta dalla molteplice visione di film tragici che sembravano iniziare tutti proprio così… mare mosso, nebbia fitta, visibilità scarsa e un gruppo di turisti che salgono su un barchino che tutto pare tranne che in sicurezza. OMIODIO MORIREMO.

C’è stato un blando tentativo di tranquillizzarmi da parte del mio ragazzo, facendomi notare che nella barca a fianco alla nostra si stavano imbarcando altri turisti, uno dei quali di colore, sottolineando che nei film di solito sono sempre loro i primi a lasciarci le stracce (lungida me essere razzista eh, ma l’avrete sicuramente constatata tutti questa cosa). Questo non mi ha aiutata granchè, soprattutto una volta considerato che nella nostra non ce n’era nemmeno uno di colore e quindi saremo stati sicuramente noi l’anello debole. O M I O D I O N O N V O G L I O M O R I R E.

Ma tant’è…dopo un viaggio che a me è sembrato infinito, almeno finchè credo di aver visto dei delfini in lontananza, siamo arrivati.

Il punto di arrivo dei turisti è un vero e proprio ‘porto di mare’. Dopo un breve bagno nell’unica spiaggetta disponibile, affollata quanto quella di Olbia il 10 di Agosto, abbiamo optato per il ‘tour delle grotte’ intorno all’isola. Dio mio cosa non fanno i turisti per farsi inculare. 12€ per fare quello che loro chiamano ‘Tour delle grotte’, ma che nella realtà è stato, vedere una grotta, arrivare davanti al Forte e sentirsi dire ‘Se volete possiamo lasciarvi qua, sennò vi riportiamo al porto e ve la fate a piedi per visitare il Forte‘. Spinti da questo slancio di generosità del capitano, abbiamo deciso di scendere. E visitare questo famoso Forte, unico ‘monumento’ dell’isola, costruito nel 1651 con l’obiettivo di impedire l’occupazione dell’isola da parte dei pirati o di potenze nemiche e bla bla bla non sono Pieroangela io.

Dettò ciò comunque, era a dir poco F A N T A S T I C O. E non solo per la visione mozzafiato che crea, ma perchè al suo interno è stato creato una sorta di ostello. Una comune. E’ praticamente l’unico posto sull’isola dove è possibile alloggiare. Difficile raccontarvi l’aria che si respirava all’interno, nell’area comune. Un grande spazio a cielo aperto, qualche tavolino, qualche divanetto buttato là, gente che leggeva, gente che dormiva, gente che beveva il caffè, gente a stendere i panni… due bambine, che dopo aver passato la giornata dentro e fuori dall’acqua con maschera e boccaglio e dopo aver gentilmente chiesto ad uno dei ‘gestori’ (non c’è una vera e propria parola adatta al ruolo) di riempire una sorta di brocca con dell’acqua, si sono messe a farsi la doccia la doccia là.

Andando a prendere un caffe all’interno della cucina/bar/sala da pranzo, abbiamo incrociato una immensa tavolata di ospiti dell’ostello intenti a finire un pranzo, al quale avrei tanto voluto partecipare anche io. Caraffe di vino, vassoi di pesci pescati da loro e grigliati in giornata, musiche portoghesi in sottofondo, tante risate e la sensazione che il mondo reale fosse a mille miglia di distanza da quel posto..

Uno di quei posti dove, non basta volerci andare, bisogna anche meritarselo.

Purtroppo, noi non avevamo ne’ una tenda, ne una stanza prenotata e anzi se non volevamo dormire in mezzo ai gabbiani, dovevamo avviarci all’imbarcazione per tornare a Peniche. Ma non prima di aver fatto un giro dell’isola. Passeggiata di un’oretta, fattibilissima anche per quelli come me, con la stessa sporività di Galeazzi.

E paesaggio PAZZESCO.

Terra, Acqua, Cielo. Mentre noi eravamo in mezzo a tutto questo la routine di tutti i giorni pareva distantissma.
Ecco perche si viaggia..

oporto portogallo viaggio

Portogallo, viaggio da nord a sud

Un viaggio on the road in Portogallo, da Nord a Sud

Eccoci qua. Un altro ‘eccoci’ anche stavolta all’aeroporto. Oggi però con me c’è lui.

Entrambi indipendenti, entrambi abituati e propensi al viaggio in solitaria. Un anno fa entrambi a fare gli splendidi la sera che ci siamo conosciuti, su quanto fossimo amanti dei viaggi e che mai avremmo rinunciato a viaggiare da soli (semicit.)

E invece oggi eccoci qua, ad aspettare l’imbarco. Primo viaggio, aspettative altissime.

Soprattutto io. Non è solo una vacanza per me. Non sono solo le ferie di fine Luglio. Sono i ‘ miei 10 giorni dell’anno’. Sono quelli per i quali mi sveglio ogni mattina per andare a lavorare, quelli per i quali ho abbandonato molti dei preziosi vestiti del mio armadio per pagare il biglietto. Sono la mia fuga dell’anno. Sono LA parte dell’anno. Sono il cambiamento. Sono la mia crescita personale. Sono.

E quest’anno li condividerò. E per quanto il mio cuore sia un centrifugato di gioia anche solo per l’essere qua al gate, con il mio diario e la testa già la… beh credo che un po’ di ansia in più, sia un mio diritto.

Ah comunque se non l’avessi già detto.. Portogallo. Stavolta però, diversamente dai miei soliti viaggi, sarà un tour. Vorrei già poter dire il programma e le tappe previste, ma sono quasi certa che non andrà secondo i piani. Così come sono qua al gate, certa di aver dimenticato qualcosa a casa, solo che non mi ricordo cosa.

L’unica cosa che sappiamo al momento, è che l’arrivo è previsto a Porto e  la ripartenza da Lisbona. Per il resto, il programma preparato e sul quale siamo assolutamente d’accordo entrambi è ‘Godere dell’atmosfera tradizionale di qualche paesino di quelli poco turistici, mangiare tanto pesce di quello pescato alla mattina dai pescatori locali, bere tanto Porto e tuffarsi nell’Oceano’.

Dio, quanto bello è viaggiare..

Quanto belli sono i momenti prima di una partenza, quando pensi di sapere, ma in realtà non hai idea di tutto quello che ti aspetterà di là. Di tutto quello che vedrai, assaggerai, annuserai e riceverai…  Sai solo che, da quando salirai sull’aereo a quando scenderai una volta tornata a casa,  sarai più grande.  Uno dei pochi momenti, per i quali amo crescere.

Capite l’ansia ora.

Aprono il Gate. Si và.

Porto 24/07/2017

L’unica cosa che sapevo di Porto, era il fatto che si potesse fare il  ‘Tour delle cantine’, per assaggiare il famoso vino ‘Porto’ (NON GIUDICATEMI).  E appena messe giù le valigie, considerando che un po’ per la stanchezza, un po’ per il caldo e un po’ per la caoticità della città, ci era sceso un  leggero velo di spono (per i non veneti non saprei come tradurlo scusate), perché aspettare… Doccia veloce, caffè nel bar sotto casa, che più che altro era il paradiso dei carboidrati (con il senno di poi, le ‘Pastels de Nata’ più buone mangiate in tutto il Portogallo), e via alla doverosa scoperta del Porto.

Passeggiata per il famoso ponte delqualenonricordoilnome che collega il centro della città  a Vila Nova  de Gaia, e direzione (su consiglio di un amico locale) la cantina di Taylor’s. Il tour prevedeva (a scelta)  la visita (audio)guidata della cantina storica e la degustazione finale del  tanto decantato Porto. portogallo cantina vino

Con tutta la buona volontà che ci contraddistingue abbiamo preso entrambi i biglietti ovviamente. E altrettanto ovviamente, dopo cinque minuti abbiamo fatto come si faceva in Monopoli, siamo andati direttamente alla degustazione senza passare per la cantina.

Dopo due giri (che poi sono quattro considerando che la degustazione prevede due bicchieri a testa e che per noi due bicchieri servono solo a sciacquare la bocca. (NON GIUDICATECI)), il Portogallo ha iniziato a sorriderci e noi a ricambiare. Ci siamo resi conto di quanto fosse ‘spettacolare’ il posto, racchiuso in un giardino interno decisamente fiabesco, con tanto di galli e pavoni a passeggio tra i vari tavoli. Indubbiamente qualcosa di insolito e quindi consigliato sicuramente.

Purtroppo sapevamo che le cantine hanno il brutto vizio di chiudere ‘presto’ e concludere il ‘Tour delle cantine’ avendone vista solamente una ci sembrava decisamente irrispettoso, per noi e per il Porto. Quindi via con la seconda.. meno caratteristica ma altrettanto buoni i cocktails, tanto che non mi ricordo il nome del posto.

Comunque come si usa dire, ‘S’era fatta na certa’, la cantina stava chiudendo e a noi si stava aprendo lo stomaco. Ci siamo fatti consigliare dalla cameriera un paio di ristoranti, a suo dire ‘non turistici ma solo per locali’ e abbiamo iniziato la ricerca del prescelto per la cena.bambini portogallo

Considerando che, insdispensabili come lo spazzolino e il caricabatterie anche il ‘Mainagioia’ ce lo siamo portati in vacanza, neanche da dire, tutti i ristoranti consigliatici erano ovviamente CHIUSI e  ci siamo quindi lasciati ispirare un po’ dalla fame e un po’ dai menu appesi fuori dai locali (che si è una delle cose più tristi ma anche più utile per i turisti che amano sfidare TripAdvisor).

Antipasto spaziale, secondo da bene ma non benissimo, conto comunque onesto.  Nel complesso non lo consiglio.

Game over.  Svegli da circa 30 ore e con una leggera ebbrezza addosso, ci siamo dovuti arrendere al rientro. Constando comunque, nella via del ritorno, di quanto la città  cambiasse totalmente aspetto la sera. Un po’ dispiaciuti per la mancanza di energie per poter affrontare la movida notturna, ma consolati dal fatto che il giorno seguente era prevista un’altra intera giornata dedicata solo a Porto, siamo crollati.

… Non importa perchè avevamo ancora tutta la vacanza davanti.

PARTE 2

stoccolma metropolitana arte

Stoccolma (Di gioia) parte 2

Stoccolma (Di gioia) parte 2

Secondo giorno in quel di Stoccolma. (se per caso vi foste persi la parte uno la potete ritrovare QUI )
Appena tirate le tende della camera ci ha dato il buongiorno un cielo di un turchese imbarazzante, quindi fuori dalla stanza immediatamente.

Il programma prevedeva giro per (spè che devo controllare come si scrive…) Östermalmstorg, cioè la zona nord, quella commerciale, quella con il mercato coperto.
Tappa a mio parere obbligatoria.

stoccolma bicicletta

Mi sognavo salmone e polpette da quando eravamo partite. E poi tutto il pomeriggio a Djurgarden (una specie di Central Park svedese).

Quindi colazione con la solita tonnellata di KanellBullar, caffè e via.colazione stoccolma
Volevamo prendere le bici ma c’era un piccolo imprevisto che non avevamo calcolato prima di partire; UN FREDDO PORCO.
Quindi abbiamo accantonato l’idea della bici, almeno finché non avessimo trovato un H&M aperto e fatto scorta di strati su strati.

Solo che sti svedesi son tanto brutti da vedere quanto stacanovisti. E l’orario di apertura dei negozi andava dalle 10.30 alle 16.30 del pomeriggio.
EHH! APPUNTO.

Cioè lo shopping hai 4h per farlo, un Gin Tonic ti costa 19 € e in inverno è sempre buio, per forza c’è il tasso di suicidi più alto del mondo. Sfido io…
Alla fine l’abbiamo trovato e abbiamo aspettato aprisse.

Breve giro di shopping e via per la città.
No ok non è vero, siamo state dentro almeno un’ora e mezza e siamo uscite con il necessario anche per un’eventuale giro in Siberia al ritorno. Sai te..

Stoccolma (Di gioia) parte 2

Comunque per quanto riguarda la moda scandinava devo dire che ‘I like it‘.
Ovviamente non mi fermo nemmeno a sottolineare il fatto che anche lì, come in tutto il mondo, eccetto che in Italia, a nessuno frega veramente nulla di come sei vestito.
Ma quello che davvero più mi è piaciuto, è il loro estetismo.

E non parlo solo del loro gusto nel vestire, che credo sia totalmente innato, non ricercato e non ostentato.caffe stoccolma design

Provo a spiegarvi meglio la sensazione che ho avuto.
Vi è mai capitato di trovarvi una sera a cena da soli a casa e di decidere di apparecchiarvi comunque la tavola, magari con una candela, un bel centrotavola, un bicchiere da vino di quelli del ‘servizio buono’ , aprirvi una bottiglia e godervi anche l’occhio un po’. Solo per voi.

O (questo più per le donzelle. E se non l’aveste mai fatto allora, dovreste.) di innamorarvi di un completino intimo e di comprarvelo, pur sapendo che non lo avrebbe visto nessuno all’infuori di voi. Si insomma di fare qualcosa per sentirvi belle, però solo per voi..

Ecco secondo me loro sono così. Sono esteti, curano loro stessi, così come curano la loro città. Solo per loro, per i loro occhi, per andarne fieri.

‘Ah la Svezia, la patria del design’, beh si… anche io l’ho sempre associata all’IKEA, a quei legni laccati e a tutti quei mobili dai nomi impronunciabili.
E invece no, quell’espressione credo di averla capita realmente solo una volta arrivata là.

Là il design si respira. E’ ovunque. Non sai mai se stai guardando un negozio di mobili, una galleria d’arte o un semplice bar.ikea
E’ tutto ordinato.
E’ tutto funzionale.
Loro sono ordinati e funzionali.

Stoccolma (Di gioia) parte 2

E’ tutto come nei cataloghi IKEA, dove tutto, anche l’immagine di una tazza lasciata per terra accanto ad un giornale per dare l’idea di vissuto, in realtà non è casuale.

Stoccolma è così. Mai casuale.

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Ammetto comunque, che è difficile spiegare Stoccolma e gli svedesi sotto questo punto di vista.
E per questo motivo ammetto anche che, seppur splendido, sono rimasta un po’ delusa dal mercato coperto. Si perché mi aspettavo un classico mercato alimentare,
quel mix di bancarelle, profumi, colori..
Invece in pieno stile svedese, era tutto perfettamente e schifosamente perfetto.mercato stoccolma Östermalms saluhall

Eh vabbè c’era da aspettarselo.
Ci siamo arrivate dopo lo shopping, quindi all’incirca alle 11.30.
Già dopo mezzo giro, avevamo la bava alla bocca. Almeno 3 giri per scegliere dove e cosa mangiare.
Prezzi incredibilmente alti ma ragazzi oh, per occhi, bocca e anima.

Dopo il pranzo abbiamo dovuto camminare un bel po’ per smaltire il tutto, ma poco male perché come vi dicevo avevamo in programma di passare il pomeriggio a Skanses.

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Una sorta di parco/museo all’aperto, dove oltre allo zoo si può rivivere l’atmosfera della Stoccolma di una volta.
Non sto a soffermarvi sul parco o sullo zoo, indubbiamente molto carini da vedere, il parco sicuramente di più.

L’unica cosa che mi sento di dire è che la vista migliore di Stoccolma è là.
Lo dico senza riserve proprio.

Inoltre sulla cima del parco si trova una ‘locanda’, con tavolini fuori, con vista mozzafiato e torte ancora meglio.. FIKA obbligatoria là. Ma che ve lo scrivo a fare!?

stoccolma fika skansen

Il resto del pomeriggio l’abbiamo passato sempre dentro il parco a girare in bicicletta. Piste ciclabili larghe, laghetti, animali liberi, qualche villa nascosta tra gli alberi che ogni tanto si lasciava intravedere…

Mia sorella non era molto d’accordo, ma c’è poco da fare, l’essenza di Stoccolma è proprio quella… e se non apprezzi tutto questo, allora non te la meriti.

Ovviamente ora di sera eravamo veramente stanche, ma era anche venerdì sera. Il minimo che potevamo fare era uscire a dare un’occhiata alla movida svedese.

C’abbiamo provato quantomeno. Abbiamo optato (spinte dalla casualità, ma soprattutto dalla fame), per un tipico pub. Era veramente stra colmo, ma sono comunque riusciti a trovarci un posticino.

Hamburger gigante per lei e polpette con purè e salsa di mirtilli rossi per me. Potrei dire che erano veramente buone, ma dovrei anche dire che avevo veramente fame, e quindi non saprei dirvi con certezza dove sta la verità.
Non solo comunque. Ci siamo beccate anche un concertino live. Eh si!

Erano partiti anche bene con del sano rock anni ’70. Ma ad un certo punto la serata è degenerata seguendo il flusso alcolico dei presenti e sono partiti con canzoni tipiche svedesi compresa la loro versione di ‘Nella vecchia fattoria‘.

Siamo rimaste un bel po’ ad osservare lo svolgersi della serata, anche perchè non avevamo alternativa. La musica era talmente alta che non riuscivamo a sentire nemmeno i nostri pensieri e il wifi non andava. O meglio andava, ma per lo stesso motivo per cui non riuscivamo a sentire i nostri pensieri, non siamo riuscite a sentire la risposta della cameriera alla domanda ‘Ma la password del wifi?‘, per ben due volte. Chiedere di ripeterla una terza volta ci avrebbe fatto passare da ritardate. Si ok sarebbe stato vero, ma…

In ogni caso, prima che la situazione degenerasse ulteriormente e ci tirassero in mezzo alla pista per i balli di gruppo, siamo scappate.

Anche perchè il giorno dopo ci aspettava il giro per i Fiordi.

E ormai la testa era già là..

stoccolma fiordi

stoccolma viaggio sola

Stoccolma (di gioia)

Un viaggio a Stoccolma

Quattro giorni di viaggio, 2 mesi di attesa. Sto giro l’organizzazione ha lasciato un po’ a desiderare. Forse perché stavolta non sono partita da sola.

«Ma come.. ce la meni tanto che viaggi da sola, ecc.. e poi..»

Eh lo so, c’avete ragione.. ma vi ricordate quando ho scritto «C’è solo una cosa che ti serve quando ti ritrovi a 26 anni, di nuovo single e con un lavoro che per certi versi ti fa sentire in gabbia»? Ecco… solo che stavolta ne ha 25 di anni ed è mia sorella.
Quindi l’ho portata via… però dai, giocavamo in casa in fondo.

Però si, ammetto che non è stato facile abbandonare il mio viaggiare in solitaria. Avevo paura di non avere la mia musica, i miei pensieri, il mio ‘perdermi’ per ritrovarmi.
«Vabbè, vorrà dire che sarò meno viaggiatrice e più turista per sto giro.»
Ma torniamo al gate.

Siamo sedute per terra come due deportate, aspettando aprano l’imbarco. Il resto dei nostri compagni di volo si sono già tutti alzati e posizionati ordinatamente in fila.. non ho mai capito perché, che fretta avete? Avete visto ‘Mamma ho perso l’aereo‘ troppe volte? Sono numerati i posti eh..

In ogni caso, per ingannare l’attesa, con la mente mi sono messa a fare il mio solito gioco… Osservare la gente ed immaginarmi la loro storia.
Che andassero anche loro a Stoccolma ne era certo, ma perché?
Andavano o tornavano?
Chissà se c’era qualcuno all’aeroporto ad aspettarli, con un cartello o un sorriso gigante..

Finché il mio sguardo non si è posato su una coppia, marito e moglie, seduti sui divanetti. Non saprei dire che età dimostrassero, o meglio lui all’incirca sui 55 anni, lei probabilmente gli stessi, ma forse per colpa dei capelli rasati o dell’aria stanca di chi sta combattendo contro qualcosa di troppo grande, le davo qualche anno di più.

In ogni caso, lui ad un certo punto si è alzato per fare a cambio di posto (purtroppo non so dirvi il motivo).. Lei con molta fatica si è alzata e seduta nel posto appena cedutogli dal marito.

Lui ancora prima che lei toccasse la sedia, aveva già preparato il braccio da metterle dietro la testa, così lei ha appoggiato la testa sul suo braccio e lui l’ha baciata sulla fronte.

E niente… questo solo per dirvi che l’Amore era in volo con noi per Stoccolma quel giorno. Forse non l’aveva mai vista nemmeno lui. E dunque eccolo li in attesa di essere imbarcato anche lui.

«Oh Michi dai che hanno aperto il gate!»

E N’AMO ALLORA.

Arrivate in ostello all’una passata dopo esserci ovviamente perse nella ricerca, siamo morte a letto.
Prima mattina.
Avevamo messo la sveglia, ma solo di proforma ovviamente, eravamo entrambe pronte al ‘viaggio’.

stoccolma viaggio bicicletta

Colazione rapida con brioche e caffè take away e via a cercare il noleggio di bici.

Ecco, ora io qua vorrei premettere una cosa. Girare le città in bicicletta è veramente bello. Puoi vedere tutto, risparmiare tempo, non chiuderti in metropolitane, insomma godertela di più.

Ma Stoccolma è in bicicletta è quanto di più simile alla morte. Ok ammetto che io ero abbastanza fuori allenamento e assomigliamo molto a Fantozzi durante la coppa Cobram, però veramente erano solo salite… 

Alchè voi potreste dire ‘Vabbè ma dopo le salite ci saranno le discese!’ Eh.. lo dicevo anche io e invece NO.

Oltrettutto il posto dove avevamo deciso di passare la mattinata era, e qua cito testualmente mia sorella: ‘A soli 8 km dal centro.. in bici ci mettiamo poco dai’.

SI OK. 
Sembrano sorrisi quelli della foto, ma sono spasmi.
E poi lì la bicicletta è il mezzo più gettonato, viaggiano ad una velocità supersonica e quindi guai a intralciargli il passaggio e rompergli il ritmo. Scatta la suonata di campanello con la stessa velocità con la quale da noi scatta il clacson a semaforo verde.

Maledetti loro, i loro caschetti e i loro polpacci abbronzati.

Comunque ce l’abbiamo fatta.
Sognavo di vedere questo posto da quando ho iniziato a pensare a Stoccolma.
Purtroppo ho una passione incomprensibile per i cimiteri, da tempo immemorabile, mi affascinano e in ogni città che visito devo vederne almeno uno.
Lo so sono strana.

Comunque fino a quel giorno, quello di Parigi li batteva tutti.
Poi però ho visto questo. 
Chiamato il ‘Cimitero del bosco’, per gli amici Skogskyrkogården.

Skogskyrkogården cimitero stoccolma

Si ecco fateci l’abitudine, gli svedesi snobbano le vocali, schifo proprio. 
Ma vabbè, torniamo al cimitero (anche se suona malissimo). E’ un posto veramente pazzesco, fiabesco, per quanto possa esserlo un cimitero.

Patrimonio Unesco, e già questo dovrebbe farvene immaginare la bellezza.

Avevo ovviamente visto milioni di foto prima di partire, però dal vivo (si pessima scelta di parole, non ridete, persone orribili) è tutt’altra cosa. 
Quindi molto rispettosamente (io, perché mia sorella e il suo bastone da selfie non molto. ‘Selfie col morto’. Ahahaha. Ok scusate la smetto.) l’abbiamo girato, anche se non tutto però, perché era pressoché impossibile.

Sicuramente una tra le cose che ho preferito vedere.

Skogskyrkogården stoccolma cimitero

E ovviamente dopo ogni cosa bella bisogna sempre compensare con una porcata. Abbiamo quindi deciso di andare a vedere (da brave turiste) il ‘panorama mozzafiato’ offerto dallEricsson Globe.
Una sfera gigantesca, quasi delle stesse dimensioni che hanno preso le mie palle durante il giro panoramico.

Stoccolma è splendida vista dal basso e anche dall’alto, ma non da lì.
Si insomma con quei 15 € il mio falegname mi costruiva una scala e da là la vedevo meglio.

Ora comunque arriva il bello. Il ritorno in città in bicicletta.
Con la stessa espressione di chi si accinge ad attraversare il miglio verde, ci siamo dirette alle bici. E con una velocità media di circa 3 km/h siamo tornate verso la City.
Intervallate solo da qualche ‘Oh fermati che devo fare la foto’, ma che in realtà entrambe sapevamo essere un «Oddio muoro, fermate n’attimo».
Bellissimo però, lo scorrere frenetico di Stoccolma, il sole alternato a nuvoloni, la fatica, il sudore, l’aria gelida, poi il tepore del sole di nuovo, poi la broncopolmonite, la morte.. e via così fino in città.

Fika stoccolma

Giusto in tempo per la Fika.
Risparmio le battute, che son fin troppo facili perfino per me.
Vi lascio spiegare da loro cos’è la ‘fika’, perché non saprei spiegarvelo meglio.
Ecco, loro c’hanno il Brunch e la Fika, noi c’abbiamo l’Apericena. Mortacci nostri.
Comunque dopo quella sfacchinata non potevamo che adeguarci alle usanze locali.

La città da una certa ora in poi, cambia aspetto, si rilassa, stacca.
Si riempiono i tavolini dei bar all’aperto e tutti escono con il loro caffè e il loro piattino di Kanelbullar. I loro dolcetti tipici.

kunelbullar fuka stoccolma

E tutta la città inizia a profumare di cannella e relax.
E Fika sia allora…
So che state sentendo anche voi profumo di cannella ora, quindi per ora ve lo lascio godere. Come abbiamo fatto noi..

Il resto la prossima volta. 🙂QUI